È bello seguire i nostri autori e scoprire che cosa raccontano in interviste, in siti, blog, che cosa pensano, ma anche che cosa stanno disegnando.
Vanna Vinci pubblica sul suo blog M! l'intervista che le ha fatto Manuela Capelli. Da gustare.
Si anima in rete invece un discorso molto importante di Gipi, che se sta facendo altro da fumetti per ANIMAls, giocherella con l'iPad, e ne trae piccoli capolavori, ma non è questo il punto.
Il punto è l'immagine che non c'è.
La vedete? e non c'è!
Il punto è il computer e la rete. Anche in solo poco più di 10 anni ho perso molte cose che possedevo fatte nel computer: testi non stampati su carata (persi o inapribili con word o chiusi in contenitori obsoleti), disegni e altro.. sì anche di fogli ne ho persi tanti, perché sono disordinata, ma l'immagine nel computer non c'è, e la fisicità delle cose ha ancora una sua importanza.
Eccovi il Gipi poi cercatevi i disegni fatti con le dita :).
mercoledì 21 luglio 2010
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Interessanti, come al solito, le osservazioni del maestro Gipi. A diffrenza di voi io non vivo d'arte e passo a contare le ore che mi separano dal "tubare" con carta e pennelli. Non sono un tecnologico anche se tutti questi mezzi hi-tech non mi spaventano...anzi per certi versi mi affascinano. E dopo tutti questi "non" passo dal libraio a prendere qualcosa di Vanna Vinci :-)
RispondiEliminaBuon tutto
( Ed ) è divertente vedere come
RispondiEliminaper parallelo,
mi sìa ritrovato a pensare proprio
cose del genere
manciate di ore fa.
Perché il digitale si può perdere assai
facilmente, sì,
come dice Gipi
ma ancor peggio
può
trasformarsi;
mutare perfino nella sua forma impalpabile,
da schermo a schermo,
subendo le intemperie maestose della cromaticità, saturazione, luminosità.
E ancora,
potrebbe non riuscire ad esprimersi neppure nel concreto.
Entrano in gioco risoluzioni, tricromie e quadricromie,
stampe burbere dai nomi burberi e dai costi barbari
e ancora.
E ancora.
Qualche giorno fa, in ritardo con la consegna del portfolio,
mi sono visto perso
in mano rigiravo la stampa di un disegno che
rinnegavo
d'avere partorito,
eppure.
Eppure nei suoi colori insipidi,
nel suo piatto e sfocato frammentarsi di pixel,
lui ( lei ) mi riconosceva.
" uno di noi, uno di noi,
uno di noi ".
Eh Gipi.. Per cinquemila anni i miei disegni digitali rimarranno intatti stampati su carta, stoffa, plastica o altro.. se ne varrà la pena. Ci penso da quando ho comprato la tavoletta, perchè so bene che sono disegni che in realtà non esistono ed è una cosa che mi disturba un po' nonostante io usi il pc per disegnare..
RispondiEliminaQuanto, come sempre fa Gipi, ci affonda, quell'articolo.
RispondiEliminaGiusto oggi pomeriggio parlavo della mia (comune) patologia dell'eterno. Dicevo che uno dei motivi per cui, forse, non mi sono mai innamorata molto dell'arte culinaria, per così dire, è che è decisamente troppo effimera - è effimera necessariamente! E credo che ciò mi disturbi. Lo dicevo a un caro amico fumettista, perché facciamo delle telefonate così belle che andrebbero registrate, hehehehe! Ma forse dobbiamo curarci questa perversione del tempo. Sono millenni che ci ripetiamo che tuttoscorrecambiafiniscemuta, blablabla, ma pare che proprio non ce lo si riesca a mettere in testa... Forse va bene così? La Net.Art, tanta della Net.Art, è già stata divorata dalla cronofragilità della rete e del digitale, ma ne conserviamo una diversa memoria concettuale, non muore lo stesso. Eppure... eppure... Cos'avremmo dato, tutti quanti, per poter vedere intatti ANCORA, i colori delle statue greche e dei templi greci, quando un bel giorno la prof di arte ti fa crollare il mito del loro candido biancore? Quindi com'erano?? E il loro leggendario biancore che tanto ha incantato i neoclassici, quindi, che fine fa? Non l'ha deciso nessuno... eppure... dio, chi non se ne è innamorato, di quel biancore, almeno da ragazzo? E' una non-scelta? E' giusto che il tempo e il caso abbiano il loro potere sulle opere d'arte (o cosìdette tali)? Forse non si può parlare di giusto e sbagliato, ma, come preferisco io, di un caos narrativo con un suo ordine segreto (forse). E allora digeriamo anche un murales piazzato giusto giusto su un palazzo antico... Dobbiamo necessariamente stabilire tutto o le cose devono seguire il loro corso?
...Nel frattempo, ladra e canaglia, una parte di me tifa ancora per una poco ecologica resistenza dei libri e dei fogli d'acquerello 100% cotone - hehehe, non c'è niente da fare!
carissima Eta, sempre molto attenta e acuta, e dire che io amo le cose che passano, amo la cucina e non amo i tatuaggi, per esempio. E le statue greche non erano bianche. Tutto passa. È l'inesistenza che ancora ci tocca in modo strano, come le amicizie solo in rete. A volte fortissime, ma spesso aleatorie e fragili come un filo di corrente.
RispondiEliminaQuante opere d'arte sono passate e non le conosciamo, ma il loro insieme, quei frammenti, compongono il nostro senso della storia. Tutto si sfalda, ma gradualmente. Non piangerò per il cenacolo vinciano, restano altre cose... di noi che resterà? :)
Forse alla fine non è così drammatico il fatto che molti autori di oggi usino i colori digitali.. vi ricordate MEBIUS ad Angouleme?(http://www.youtube.com/watch?v=x-YVtV7G-q4)
RispondiEliminaNon era male no? Insomma, io lo vedo che prende i colori dalla tavolozza digitale come se li stesse prendendo da una tavolozza normale.. non importa il mezzo che usi per esprimerti, ma l'ispirazione che ti permette di creare qualcosa di bello per l'arte.. e questo l'ho capito dopo un bel po'! il sentimento bello o brutto che sia prima di tutto ★☆★☆
Jeikappa★☆★☆
bravo Fab, Ciliegia poetico, i colori ti guardavano con orrore anche quando pubblicavi acquerelli scansionati...
RispondiEliminaJeikappa, certo, non è un problema di materiale, intingi un'unghia nella china o passa il dito sull'iPhone, è la testa che fa il disegno, il materiale la stimola... ma il virtuale è qualcosa di ancora misterioso, con cui misurarsi.
grazie per il memo su Moebius :)
Laura, allora sei la più in salute, non c'è dubbio. :)
RispondiEliminaJeikappa ha pure ragione, poi. Che per altro, comunque, un disegno digitale lo si può sempre stampare, in fondo. Ma a parte la sua conversione fisica, resta il fatto che il effimero. Gipi dice che tutto questo ambiente non resisterà al tempo, ma una bella domanda penso sia chiedersi se la sete d'eterno umana arriverà seriamente a voler cambiare la situazione... Forse si stravolgerà il virtuale e sarà sempre più simile al "reale"? D'altronde già parliamo di "scrivania", "finestra", "tavola", abbiamo ancora bisogno del parallelo con il primo mondo...
(Laura, abbiamo postato contemporaneamente e non ho visto il tuo commento! :D )
RispondiEliminavisto! :D
RispondiEliminaL' orrore del colore dei miei acquerelli
RispondiElimina( difatti )
ha avuto un giusto freno.
Credo che il discorso del virtuale sarebbe da fare e da farsi nel reale.
Davanti un té freddo, o una vodka ghiacciata.
Ecco già, il frammentarsi di idee e spunti su cui si potrebbe parlare e dire molto
uccisi dalla freddezza di una bacheca di commenti da blog.
O forse sono io che non riesco.
La mia paura più grande riguardo la digital art, ed è una cosa che ogni tanto ho provato, è stato non riuscire a capire a colpo d' occhio, che fosse digitale.
Si è arrampicato lungo la schiena un brivido, immediatamente.
I bambini di domani invece di prestarsi matite colorate si passeranno gli esadecimali dei colori?
E' a suo modo romantico.
bella idea ciliegia... che ne dite? la organizziamo una riunione animals, magari a settembre, per parlare anche di questo
RispondiEliminao altro
con autori lettori con vino e té?
Ci sareste, verreste?
che casino parlare in quel modo..
RispondiEliminaNon sarebbe male,
RispondiEliminadavvero.