«"scrivi, non altro" Scrivo da molti anni, testi vari, poesie, racconti. Sto cercando di trovare, tra le altre forme di scrittura, una formula che in qualche modo possa coniugare questa mia passione con il mondo dell'editoria, e che riesca ad essere una sintesi efficace di una visione personale della scrittura, nel suo scopo di dare un respiro diverso al nostro quotidiano».
Alessandro Dantonio ci manda un racconto minimo, ma forte:
I maghi
Nel nostro immaginario esistono i maghi. Non fraintendetemi, nessuna creatura strampalata... no. Strani esseri in carne ed ossa, ma investiti di una forza, di una natura pura, se così si può dire, e che ci porta a trascendere il senso più banale delle cose, il significato che diamo a ciò che vediamo, tutti i giorni, o che crediamo di vedere.
Così esistono i maghi, ed è forse attraverso di essi che vogliamo tentare, proviamo a capirci qualcosa di più... perché abbiamo abbandonato Beckett… forse per crederci meno vaghi, estranei all'assurdo che ci circonda come un'aura, e che lo rende così reale da banalizzarne il senso. Ma quanto risulta infine profondo l’assurdo, in sé abisso e vetta.
Chi ha trasformato Beckett... stamattina un manichino in una vetrina non riusciva a sorridermi.
Mi mostrava tutto serio il suo cappello ed il foulard indossati, ma non sorrideva...
Qual è la foto più bella che ricordi…
Quella in cui poso per mio padre, al mare, seduto sulla spiaggia…hai presente quando siedi sulla sdraio, i piedi sepolti nella sabbia, e hai la sensazione che quella stia per ribaltarsi da un momento all’altro… lui mi sorride, io gli sorrido…non ci siamo mai sorrisi tanto…mio padre, l’uomo più grande che ho conosciuto. Troppo enorme per me…
Nel nostro immaginario esistono i maghi. Non fraintendetemi, nessuna creatura strampalata... no. Strani esseri in carne ed ossa, ma investiti di una forza, di una natura pura, se così si può dire, e che ci porta a trascendere il senso più banale delle cose, il significato che diamo a ciò che vediamo, tutti i giorni, o che crediamo di vedere.
Così esistono i maghi, ed è forse attraverso di essi che vogliamo tentare, proviamo a capirci qualcosa di più... perché abbiamo abbandonato Beckett… forse per crederci meno vaghi, estranei all'assurdo che ci circonda come un'aura, e che lo rende così reale da banalizzarne il senso. Ma quanto risulta infine profondo l’assurdo, in sé abisso e vetta.
Chi ha trasformato Beckett... stamattina un manichino in una vetrina non riusciva a sorridermi.
Mi mostrava tutto serio il suo cappello ed il foulard indossati, ma non sorrideva...
Qual è la foto più bella che ricordi…
Quella in cui poso per mio padre, al mare, seduto sulla spiaggia…hai presente quando siedi sulla sdraio, i piedi sepolti nella sabbia, e hai la sensazione che quella stia per ribaltarsi da un momento all’altro… lui mi sorride, io gli sorrido…non ci siamo mai sorrisi tanto…mio padre, l’uomo più grande che ho conosciuto. Troppo enorme per me…
Ci piace aggiungere anche due disegni di una vecchia conoscenza, Matteo, quello che qualche post fa si è visto in insetti strani e magici, qui invece lo troviamo nella sua parte scientifica, ma un po' magici lo restano questi disegni...
E infine ancora una vecchia conoscenza (Lita) e un altro racconto per la vostra estate:
Sogno ma non troppo
Anche stamattina sogno.
La casetta di campagna col pino di lato, il viottolo davanti e tanti ulivi dietro. E io che esco fuori con la maglietta lunga che indosso per dormire. Già la indosso, proprio come se fosse un abito da sera.
Perché la notte, è solo mia, è la mia festa.
Esco e il calore del corpo appena sveglio incontra il calore del sole.
Mi distendo pigramente sotto un raggio cocente e penso a lei che ha due ovali neri intorno agli occhi ed è d’un seducente pazzesco.
Poi c’è lui coi capelli biondi e la pipa, che disegna un punto interrogativo di fumo e ci guarda.
Cappelli di paglia, campi di grano, il mare che s’avvicina, piedi nell’acqua, incontri sottomarini e scogli.
Le sue labbra sono vongole di cui mi nutro.
Poi rimaniamo a pensare, e a vedere i cerchi che fanno i pensieri buttati nell’acqua, a chi riesce a fare più cerchi, a chi li lancia più lontano.
E un uccello vola e ci ricorda che non abbiamo ali.
Io ho il cappello di paglia e lei gli occhiali, e a volte mi sembra che sia il contrario. Ma la sua bocca ha qualcosa di irripetibile.
E anche se lui ha l’orecchino zigano e lo guardo di guerriero, alla fine è lui a dover andar via.
La casa diventa un castello sul mare di notte, e dentro si fa festa mentre fuori la luna è un anello che ci mettiamo al dito.
Viottoli stretti sotto i lampioni e sopra i ponti e una lunga galleria da esplorare, una veggente ci regala un vascello e noi partiamo con una 500 che ci porta in un posto diverso da quello previsto.
E io apro gli occhi perché ancora non voglio sapere dove.
Ciao Laura, sono Mattia, quello del fungo e del coleottero. Sono contento che ti siano piaciuti. Per me sono esseri viventi un po' misteriosi e legati a meravigliosi ricordi infantili, altrimenti incomunicabili. Mi fa inoltre particolarmente piacere che siano stati pubblicati accanto a questi due bei racconti.
RispondiEliminaCiao Mattia, infatti li ho visti proprio così, ersonaggi misteriosi e quasi magici, non a illustrare questi racconti, ma affini nello spirito. :)
RispondiElimina